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Guarda caso: il food delivery non è sostenibile e Uber molla.

Lo dico da anni e con Senza Filtro e FiordiRisorse – Una Nuova Cultura del Lavoro non ci siamo mai risparmiati, mettendo in risalto le decine di condanne deliberate dai tribunali nei confronti dell’algoritmo, del metodo, del caporalato fino a smontare pezzo per pezzo il ridicolo contratto collettivo scritto da eminenti studi di avvocati della “City” e avvallato da un unico sindacato, minoritario. Il tutto in una notte, per rispettare i termini temporali superati i quali, le società di food delivery facenti parte di Assodelivery, sarebbero state costrette a operare regolarmente, sotto il controllo del CCNL delle logistica.

Da anni tengo il conto dei morti e dei feriti sulle strade.
Da anni spiego (e ho dedicato la prima puntata del mio podcast all’argomento) che “ordinare da casa” non solo non è sostenibile, ma non è nemmeno “cool” e tantomeno non è un servizio che accresce la qualità della vita di un luogo. Anzi, rende quel luogo ancor più degradato socialmente ed economicamente.

La comunicazione Corporate di queste aziende che investono milioni di euro nei mondiali di calcio e sui principali giornali, vuol far credere che i riders sono “giovani che arrotondano per mantenersi agli studi”. Ma solo chi è in cattiva fede può non vedere CHI davvero ci sia a bordo di quelle biciclette.

Il giochino si sta rompendo prima del tempo. Il tempo che queste aziende si sono date per sviluppare l’automazione (motivo per cui “resistono” nel non assumere) che ho visto con i miei occhi in California e far esplodere un’enorme bolla sociale.

I primi a mollare sono stati quelli di Foodora, lo scorso anno è toccato a Gorillas, oggi è il tempo di Uber Eats. Attendo sul fiume di veder passare gli altri.
Non sono cinico. Non c’è alcuna innovazione nè tantomeno ci sono “posti di lavoro” sul piatto, perchè la stragrande maggioranza di quei disperati non solo non è assunta, ma è vessata e spesso incapace di far valere i propri diritti. E la perdita del loro “posto di lavoro” è già in agenda dal momento in cui queste piattaforme staccano il loro primo scontrino.

Adesso Glovo e Deliveroo rimangono da sole a passeggiare fra le pareti scrostate di un’associazione di categoria che è niente più che un presidio politico con cui fare lobby in parlamento affinchè nulla cambi. Ma i fatturati purtroppo, parlano.

Uber auguro invece di proseguire (e vincere) la giusta lotta per la liberalizzazione del mercato dei taxi che in Italia è un altro scandalo ben protetto dalla politica e dalle lobby. Sperando un giorno di poter andare a prenderci la pizza con le nostre gambe anzichè recapitata da uno schiavo a domicilio, accompagnati da un autista uber.

A questo link la conversazione su Linkedin.

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