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Il reddito di giornalanza

Chi segue questo blog o – ancor meglio – Senza Filtro il giornale di cui sono editore, sa che “la Saga degli imprenditori che non trovano dipendenti” è un cavallo di battaglia di cui mi occupo ormai dal 2017.

Dunque ben prima dell’avvento dei Cinque Stelle o dell’altra tragedia che è stata la pandemia.

Rileggendo questo articolo si risale al “fondatore della Saga”, quel panificio Pattini di Milano che grazie a giornali più affini al gossip che all’informazione come Linkiesta e (ultimamente anche) Repubblica, aveva scatenato la polemica dei giovani che non hanno voglia di lavorare. Salvo poi (grazie a Stefano Santangelo di Vice, finalmente un giornalista!) scoprire ben altra storia.

Forte di un cartello appiccicato sulla porta del negozio, l’imprenditore panettiere pretendeva di veder accorrere migliaia di candidati impazienti di vendere pagnotte. Migliaia no, ma qualche decina in realtà avevano risposto all’invito e sarebbe bastato che il sig. Pattini non avesse ignorato quell’indirizzo mail su cui aveva pilotato le candidature, per accorgersene. L’esito della storia (poco interessante e scontato) potete leggerlo nell’articolo.

Ma perchè fermarsi ai panettieri quando è pieno di aziende in cerca di visibilità?

Episodi come questi, nell’arco degli ultimi 5 anni sono stati – e continuano ad essere – il miglior cibo clickbait di testate online e locali, approdati poi anche sui giornali più importanti che hanno totalmente abdicato al dovere di informazione a favore di marchette per i loro investitori, per le associazioni che li rappresentano e anche per nuovi e vecchi inserzionisti. Scrivere articoli farlocchi è il nuovo che avanza e che rende più credibili agli occhi dei lettori quelli che una volta erano publiredazionali: pubblicità travestite da articoli (magari in occasione di grosse fiere o dossier di settore) ma che quantomeno avevano la dignità di informare il lettore che si trattava di un contenuto sponsorizzato.

Prima erano i giovani che non hanno voglia di lavorare, poi l’occasione di criticare le scelte di un Governo (e sul banco degli imputati è la volta del Decreto Dignità), alla fine la scusa perfetta che ha messo d’accordo tutti: il Reddito di Cittadinanza. Una misura promossa da una politica non più troppo favorevole alle lobby (soprattutto alle Associazioni di Categoria: nei due anni di Governo 5 Stelle, Confindustria è stata praticamente estromessa da qualsiasi tavolo sul tema lavoro) che ha moltiplicato le testimonianze dei vari Presidenti, SottoPresidenti e Imprenditori sulle testate amiche contro il Reddito di Cittadinanza.

Francesco Casile della Casile & Casile, Paolo Agnelli il re dell’acciaio (e sponsor delle padelle di MasterChef) con almeno una presenza televisiva all’anno ma sempre con lo stesso problema di assunzioni nello stabilimento Valtellinese, Nereo Parisotto di Euroedile, l’azienda aerospaziale Aerea, fino a esempi limite come Peruzzo macchine agricole che cerca più operai di quanti dipendenti abbia in organico e la Tiemme Corporate la cui titolare cerca “decine di operai specializzati (a fronte di 45 dipendenti). Quest’ultima, ad ogni comparsata televisiva ha una particolare bomba da raccontare: dalla selezione fatta in Africa non trovando candidati su suolo italiano, ai 200 colloqui al giorno condotti dal suo ufficio del personale (che in una giornata di 8 ore lavorative significa una manciata di secondi a colloquio), fino a dichiarare di essere disposta a pagare stipendi da 3500 euro.

Sono solo i pionieri di una Saga che dal 2017 ad oggi quotidianamente trova nuovi eroi da sbattere sulle pagine locali o sugli inserti di economia per drogare – letteralmente – l’opinione pubblica con testimonianze improbabili che diventano automaticamente “la realtà delle cose”.

Per non dimenticare la bufala dei profughi ucraini inseriti in corsi di formazione per far fronte alla mancanza di cuochi e camerieri che addirittura in alcune regioni sono diventate dei “protocolli fra sindacati e associazioni di categoria da prendere “come esempio” per le altre regioni.

Leggi questo articolo che ho scritto per SenzaFiltro quando sono cominciate le prime dichiarazioni degli imprenditori sulle assunzioni di profughi ucraini. E perchè era chiaro fosse una stupidaggine.

I giornali fanno i furbi, gli imprenditori fanno pessime figure

Quello che invece è cambiato in questi 5 anni è la percezione dei lettori che hanno imparato a fare domande e a cercare anche conferme su altri canali. Non è raro trovare commenti di utenti che rivelano come quegli articoli non siano supportati da alcuna offerta di lavoro non solo sui siti specializzati, ma nemmeno sulle pagine “lavora con noi” delle stesse aziende, sui loro profili social e su nessuna bacheca di ricerca di lavoro.

E di questo, un po’ me ne prendo il merito per tutti gli articoli e i post che ho pubblicato sul tema.

La conseguenza è un calo reputazionale costante, centinaia di commenti negativi e molto spesso l’evidenza di una cultura del lavoro che fa già presagire in che luogo di lavoro i malcapitati candidati si troveranno a prestare la loro opera.

Offerte di lavoro inesistenti. O inaccettabili.

E quando arriva l’estate la conferma avviene nel momento in cui gli imprenditori da tornio lasciano lo spazio a quelli da ombrellone ed è sufficiente fare un check sui portali regionali per scoprire che non esistono ricerche ufficiali di tutti quei profili di cui si lamenta la scarsità. O semplicemente, è consigliato non cercare personale in luoghi troppo istituzionali, dove “si fanno troppe domande” o c’è troppo controllo.

Per fare un “fact checking” del genere non ci vuole certamente un premio Pulitzer. Anzi, sarebbe un lavoro perfetto (e motivante) per uno stagista. E invece a partire dal Carlino al Tirreno per nominare due delle testate “di Riviera” che più di tutte all’arrivo dell’estate sono generose di articoli in cui si ospitano imprenditori turistici disperati, “costretti ad assumere i figli degli amici” o addirittura “a servire in sala” quando non “costretti a chiudere le saracinesche fino a nuova data”, sembra che sia diffusissima la pratica del clickbait a tutti i costi. Anche a costo del ridicolo.

Se guardiamo a questa offerta – fra le tante pubblicate in questo periodo – appartenente a un hotel 4 stelle di Torino, viene da chiedersi cosa possano proporre strutture meno blasonate in posti turistici dove la stagione dura al massimo 5 mesi.

Non a caso ricordo che lo scorso anno alle dichiarazioni della FIPE in cui si lamentava la necessità di almeno 150.000 risorse fra cuochi e camerieri, il Preside dell’Istituto Alberghiero Vespucci di Roma aveva ribattuto: Ci chiedono giovani formati, noi li segnaliamo e loro offrono 300€ al mese. I giovani se ne vanno all’estero e le imprese danno la colpa al reddito di cittadinanza.”

Qui sono stato intervistato dal Fatto Quotidiano sulle offerte di lavoro insostenibili

A chi volesse chiedermelo, di testimonianze, screenshot, offerte di lavoro scritte male e gestite peggio, crolli reputazionali e video di giornalisti che si sono finti candidati per “vedere l’effetto che fa” ne ho a decine. E sono certo che un qualsiasi giornalista indipendente sarebbe in grado di trovarne altrettante in giro per la rete se avesse un briciolo di deontologia professionale o quantomeno di onestà intellettuale.

O semplicemente, non fosse schiavo di una “linea editoriale” che impone una narrazione a senso unico.

Le domande che ai giornali non conviene fare

Ci sono 5 domande che manderebbero automaticamente al macero tutta quella carta stampata:

  • Come li avete cercati?
  • Dove possiamo trovare le vostre offerte di lavoro?
  • Quanto li pagate e che contratto applicate?
  • Sono garantiti i diritti minimi (giorno di riposo, malattie, e – nel caso degli stagionali – vitto e alloggio)?
  • Vi siete rivolti ad un centro per l’Impiego per avere le liste dei percettori di Reddito di Cittadinanza?

Il reddito di cittadinanza una volta per tutte

Fatta dunque questa doverosa premessa in cui, senza negare che ci siano figure difficili da trovare che afferiscono ad aree informatiche, tecniche e operative, non altrettanto si può dire per tutte quelle che invece non necessitano di particolari titoli di studio o competenze specialistiche come per l’appunto gli operai generici, i camerieri stagionali che servono in bar, pizzerie e stabilimenti e similia.

Diventano introvabili quando le proposte rasentano il ridicolo e nonostante roboanti promesse di stipendi principeschi, non mancano testimonianze di offerte di lavoro raccolte sui Navigli a 800 euro mese per 12 ore di lavoro in una città come Milano, o contratti a 4 ore ufficiali che diventano 12 ore reali, sette giorni su sette in Riviera.

Altro mistero invece riguarda la straordinaria combinazione per la quale alle offerte di questi imprenditori rispondono ESCLUSIVAMENTE percettori di Reddito di Cittadinanza. Ma come è (statisticamente) possibile?

Eppure, dai dati ufficiali rilasciati da ANPAL, i percettori del Reddito di Cittadinanza che hanno ricevuto almeno una mensilità di sussidio, sono circa un milione e mezzo e per la stragrande maggioranza sono collocati (come è logico) al Sud. Già risulta strano come sia possibile che la stragrande maggioranza degli imprenditori che si lamentano sui giornali siano prevalentemente Lombardi e Veneti (e in estate anche Romagnoli). Ma soprattutto: dove sono tutti gli altri candidati: quelli che afferiscono ad un indice di disoccupazione nazionale senza precedenti, diplomati e laureati, quelli che cercano semplicemente lavoro e non percepiscono alcun sussidio?

Altro dato da non sottovalutare è che un gran numero di chi percepisce il reddito è composto da Persone considerate “non idonee al lavoro“, ovvero prive di qualsiasi tipo di istruzione o che vivono ai margini della miseria. A questo proposito e a quanti amano specificare che il Reddito di Cittadinanza è stato un flop, basterebbe rispondere con quanto dichiarato dalla Corte dei Conti e da un recente rapporto della Caritas presentato in Senato che attesta che il RdC ha permesso a decine di famiglie di restare al di sopra della soglia di povertà.

Ai Manager e titolari d’impresa che sui social amano coglionare i Navigator (che insieme al paddle sembra essere lo sport di moda) dichiarando che nessuno di questi li ha mai chiamati per offrire candidati, va reso noto che i Navigator non sono una sorta di centralinisti che la mattina telefonano a tutte le aziende del mondo chiedendo “Che te serve?” Bensi, questi vengono attivati su richieste specifiche delle aziende. Una volta che l’azienda ha reso noto il profilo ricercato, il Navigator si occupa di convocare i candidati in linea e farli incontrare con l’offerta.

Leggi anche questo articolo ben fatto di SenzaFiltro, forse l’unico giornale che ha voluto ascoltare anche i Navigator

Anche qui, si nasconde una delle domande che quel tipo di stampa di cui sopra non ama fare. Perchè sono evidenti due cose: la prima è che se stai cercando un profilo specializzato non lo troverai certamente nel mucchio di una pletora di disgraziati (nel senso letterale del termine) che sono all’interno di questa categoria proprio perchè o scarsamente qualificati o difficilmente impiegabili (perchè in Italia genere ed età sono ancora una discriminante…) e quindi sarà utile ricorrere ai Centri per l’Impiego (e alle liste dei percettori di Reddito) solo laddove la mansione sia estremamente generica e non richieda particolari qualità tecniche o psico attitudinali.

In secondo luogo, sono pronto a scommettere che nessuno fra quanti si lagnano sulle passerelle dei giornali abbia mai fatto ricorso ad un Centro per l’Impiego perchè sarebbero costretti a dichiarare tipo di contratto, condizioni e retribuzione. E sono certo che a molti di loro non convenga. E dunque la balla del Reddito di Cittadinanza a mio avviso coincide tristemente con COME e QUANTO quei titolari siano disposti a pagare i collaboratori.

Se solo facessimo il conteggio di tutte le Persone che hanno rifiutato un’offerta “per colpa del RdC” e se fosse vero quanto dichiarato dai vari imprenditori, se questi fossero passati per i CpI oggi non ci sarebbe più un solo percettore di reddito. Altrimenti saremmo di fronte allo straordinario fenomeno di un milione e mezzo di ex disoccupati e percettori di reddito, assunti con un contratto regolare.

La cifra media che un percettore di reddito di cittadinanza consegue è di 570 euro. Da una parte provate a camparci, dall’altra chiedetevi per quale motivo per una cifra anche solo di 200 euro superiore uno dovrebbe accettare un’offerta che prevede anche delle spese di trasporto o di gestione di figli minori, genitori anziani o che ne so. So però che i miei candidati, che sono prevalentemente quadri e dirigenti e che guadagnano da un minimo di 40.000 euro l’anno fino a 200.000 euro, anche loro fanno il conto della serva quando gli offrono il 20% in più del loro stipendio. Figuriamoci un Povero Cristo che guadagna il minimo per sopravvivere e a cui anche un pieno di benzina alla settimana potrebbe incidere sul bilancio generale.

Ai giornali (e alla politica) il mercato del lavoro non interessa

Leggi anche questo articolo ben fatto di Pagella Politica: Italia viva e Marattin usano «strumentalmente» i dati sui «furbi» del reddito di cittadinanza.

C’è da dire anche questo: che sui social è pieno di commenti in cui si invita a “rivedere il modello”, ma pochi sanno che il RdC è GIA’ stato riformato e non propriamente nel migliore dei modi.

Chiara Saraceno, a capo del Comitato Tecnico Scientifico a cui è stato affidato il tema del reddito di Cittadinanza aveva proposto una serie di modifiche che andavano senza ombra di dubbio nella giusta direzione e che sono state totalmente ignorate dal Governo Draghi che ha preferito accogliere i “suggerimenti” offerti da Confindustria.

Resta da capire quale sia la strategia del Governo che anche a fronte di membri prescelti, ancora una volta preferisce affidarsi a pareri di chi evidentemente – nonostante si accrediti a titolo di “rappresentanza degli industriali” – di questo tema purtroppo non solo non conosce i numeri (come abbiamo analizzato in maniera certosina su SenzaFiltro e senza fare sconti a nessuno), ma non ha alcun interesse a regolarizzare le assunzioni e ad abbassare l’alto tasso di precarietà del nostro Paese.

E così, grazie al brainstorming fra Governo e Confindustria i risultato è un capolavoro di lobby a favore degli imprenditori ma del tutto inefficace per migliorare i processi di cui tanti – a torto o ragione – si lamentavano:

  • Abbassamento del limite dei rifiuti di un’offerta da tre a due. Ma se gli imprenditori non vanno ai Centri per l’impiego, questa misura continua a non servire a nulla. A questo aggiungiamo che un percettore di reddito DEVE poter accogliere anche offerte per un tempo estremamente determinato (magari perdendo l’opportunità di fare altri colloqui ed accettare proposte migliori) e, dulcis in fundo, gli imprenditori ricevono uno sgravio (sottratto dal capitale del Reddito di Cittadinanza) per questo genere di assunzioni.
  • “Allargamento” della congruenza dell’offerta anche ad un chilometraggio che per molte aree del nostro Paese (pensate soprattutto le città più affollate o le province meno servite dai mezzi di trasporto) sono assolutamente insostenibili per le quali ci vorrebbe un dispendio di ore e di soldi che renderebbero quell’offerta “a perdere”.
  • Ulteriori 600 milioni di euro di investimenti sui Centri per l’Impiego che a quanto pare nessuno usa, ma che è certo che intermediano a malapena il 2% di domanda. Un carrozzone senza senso e senza competenze.

Non c’è da stupirsi che Chiara Saraceno ne abbia preso le distanze.

Il reddito di giornalanza

E dunque, cui prodest questa narrazione totalmente sbagliata priva di dati a supporto (sebbene i dati disponibili siano tantissimi) e in cui ci si affanna a voler dimostrare il flop di una misura che esiste nel resto d’Europa e che fa parte di quelle misure che identificano uno Stato civile e attento alle politiche sociali?

É utile alla politica senza dubbio perché è uno strumento con cui si vuole dimostrare l’incapacità degli avversari.
É utile alle associazioni di categoria e alle imprese per nascondere evidenti deficit organizzativi e molto spesso anche culturali. Non dimentichiamoci che un tessuto imprenditoriale al 99% formato da PMI nasconde fra le sue pieghe i paròn, i titolari ghe pensi mi, orde di consulenti per ogni stagione e pochissimi uffici del personale.
É utile per quei titolari d’impresa e per quei settori che per anni hanno goduto di “flessibilità”, lavoro in nero e scarsissimi controlli, buste paga sottodimensionate o con la restituzione in contanti di quota parte, lettere di dimissioni prefirmate al momento dell’assunzione e chi più ne ha, più ne metta.

Dite che esagero? Chiedetelo a Bruno Giordano, il Direttore dell’Istituto Nazionale del Lavoro che lo scorso anno nel pieno della stagione turistica ha effettuato 300 controlli (nel periodo dell’anno in cui è statistico che il titolare di un albergo o di uno stabilimento balneare riceverà un controllo…) senza trovare una sola attività in regola. E stiamo parlando di “aziende” e “strutture”, non del baracchino di cocco sullo spiaggia.
Così come alla fine dello scorso anno, in cui fioccavano gli articoli sui giornali del NordEst in cui si lamentava mancanza di personale nel settore edile “per colpa del reddito di cittadinanza”, nello stesso periodo 9 aziende su 10 venivano beccate in castagna.

E infine, è utile ai giornali per i motivi che ho scritto sopra, ormai non più liberi a causa di editori che troppo spesso fanno la rima con imprenditori e quindi soggetti continuamente a pressioni e a conflitti d’interesse. Ridotti a puro strumento di disinformazione per far passare questa o quella opinione come se fosse notizia vera.

E’ evidente che il calo di vendite dei giornali che ha portato testate come il Corriere della Sera da 600.000 copie a meno di 200.000 nel giro di pochissimi anni, ha costretto molti a ricorrere all’utilizzo di contenuti pagati ma anche di veri e propri periodici tematici (Lusso, Moda, Food, Auto, Orologi) dove gli articoli sono solo una scusa per quotare ogni singola pagina. Il reddito di cittadinanza dunque diventa addirittura la keyword per un articolo che compare on line sul periodico “Gusto” ribattuto da Repubblica, Stampa ed Huffington Post e che col reddito di cittadinanza c’incastra come i cavoli a merenda (per restare in tema), ma che dà la misura dell’informazione spazzatura con cui si costruiscono gli articoli e si pilota l’opinione pubblica.

Per inciso, la giornalista che ha scritto l’articolo ha nel suo portfolio perle di giornalismo quali: “Amadori: si alle cotolette di piselli piacciono a 5 milioni di Italiani”.

Ma è utile anche ai giornalisti e agli influencer del web. Persone alla continua ricerca di attenzione, che mercificano la disinformazione per qualche like in più, pronti a farsi paladini dei più forti perchè è più probabile farsi invitare come moderatori alle convention aziendali, alle dirette social e nei panel in cui la sinfonia è sempre di una nota sola.

Quei contenuti, pubblicati sui social dovrebbero differenziarsi da tanti altri post divisivi pubblicati da chi non ha gli strumenti culturali e intellettuali (anche se sempre più spesso quei post sono firmati da chi ha responsabilità importanti di cose e Persone) e invece spesso si fa fatica a differenziarli da certe chiacchiere che si sente fare ai pensionati al bar o dopo una full immersion in quelle trasmissioni “di approfondimento” che girano in televisione al mattino e nel primo pomeriggio (compreso Giletti che tenta con scarsi risultati di rifarsi una verginità giornalistica in prima serata!)

E anche il titolo di questo articolo prende spunto da uno di quei post, visto un paio di giorni fa su Linkedin, dove i gli utenti ancora una volta si sono rivelati più preparati dell’autore – giornalista di una importante testata televisiva e non hanno ceduto all’ennesima prova di retorica da bar.

E’ ormai certo che stampa, televisione e anche i social straripano di giornalisti e opinionisti che vivono grazie al Reddito di Giornalanza. Suggerisco che dopo tre articoli – fuffa, si ritiri il tesserino.

2 commenti su “Il reddito di giornalanza

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