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Nuovi sport aziendali: surfare sulle idee degli altri

A proposito di idee guardate la video intervista di Pierluigi (dura 3 minuti). Nel fuori onda il candidato racconta di coloro che “surfano sul lavoro degli altri”.

Interessante.

Ho riflettuto molto su questa frase ed ho pensato a quante volte i miei candidati mi abbiano raccontato di tutte quelle volte in cui un collega si sia appropriato di un’idea o peggio, un capo abbia letteralmente “scippato” un lavoro presentandolo come proprio.

Storie di ordinaria managerialità dove la meritocrazia non è un valore di riferimento per la crescita dei dipendenti. Un imprenditore che premia un manager e non il suo team, non porterà molto lontano la sua azienda.

Lo hanno capito alla perfezione invece quelle aziende che non aspettano i momenti di crisi per coinvolgere i propri dipendenti nella generazione di idee nuove, renderli partecipi dello sviluppo della propria impresa e soprattutto, trattenere coloro che possono oggi, fare la differenza.

Il più grande fallimento di un’azienda è quando un dipendente talentuoso viene tenuto nell’ombra. E questo, una volta passato alla concorrenza risulta essere creativo e competente.

Ma non è solo questa la motivazione che spinge alcune imprese a promuovere le idee dal basso.
Troppo spesso infatti, gli esperti di settore continuano a proporre schemi e procedure note. Non è un caso se nella selezione del personale da sempre si richieda “esperienza nel settore”. Quasi come se si avesse paura di confrontarsi con mentalità differenti.

Viene dunque a supporto l’idea di chi, non operando direttamente in una linea di prodotto possa apportare idee e soluzioni diverse e spesso innovative che chi è abituato a tracciare sempre lo stesso solco, spesso non vede.

Facendo una ricerca per scoprire se al di là delle teorie esistono aziende che premiano le idee dei propri dipendenti la prima risposta la ottengo trovando Virosac, un’azienda veneta che produce sacchetti. A quanto pare il sig. Virago è molto soddisfatto di questa iniziativa, al punto tale che molte delle idee proposte saranno addirittura messe in produzione.

Immaginate il risparmio in termini di ricerca, sviluppo e comunicazione? Per non parlare del ritorno di immagine ottenuto da un’operazione tanto semplice quanto purtroppo geniale per un tessuto imprenditoriale quale quello Italiano.

Non è un caso se infatti, gli altri due esempi che mi appresto a fare provengono da due multinazionali estere: la Tedesca GEA e la Svedese Tetrapak.

Ho contattato Gianmaurizio Cazzarolli, site manager di Tetrapak per lo stabilimento di Modena e Fabrizio Miccoli, direttore del Personale della sede emiliana di Gea Technofrigo

Entrambe le aziende hanno un sistema di generazione delle idee, in cui i dipendenti possono proporre attraverso un software interno le loro idee o sulla base di una specifica richiesta (“voi come fareste a…?”) o sulla base di una proposta personale (“vorrei proporre all’azienda un prodotto / soluzione nuovo/a..”).

I(2)M – Ideas Improvement Management
 si chiama quello di GEA, Ideas Generation si chiama quello di Tetrapak.
(Diciamo che nella generazione di nomi per i progetti, non sono poi così creativi..)

In pratica – ci dice Miccoli – chi ha un’idea la inserisce nel software e il responsabile di riferimento è tenuto a dare un riscontro in breve termine, sia positivo che negativo, e in quest’ultimo caso viene anche specificata la motivazione”.

GEA paga in soldoni le idee generate che hanno un esito positivo, come riportato in questo articolo riguardante un’idea dei dipendenti della sezione scambiatori di calore.

Cazzarolli: “per quanto riguarda Tetrapak premiamo i dipendenti qualora le idee diventino dei brevetti. In ogni caso ogni idea generata viene comunicata a tutta l’azienda facendo il nome del suo ideatore e riconoscendone il valore”.

Tempi duri, per chi surfa con le idee degli altri.

Pubblicato il 13/5/2014 su Il Giornale Digitale

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