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Ripartiamo dal lavoro Anche quando parliamo di curriculum (al plurale)

Ci avviciniamo alla fine dell’anno, tempo di revisioni di vita.. e di curriculum.

Si, perchè è statistico che a settembre (ripresa dopo le ferie) e a gennaio (il mese perfetto per le grandi pianificazioni, dalla dieta alla fuga sulle spiagge di Paesi Tropicali a vendere la piadina..) le Persone rimettano in discussione il proprio percorso di carriera e cerchino nuove strade ed alternative.

E così, anche nella mia casella di posta stanno fioccando (per mantenere l’ambientazione), centinaia di curriculum.

Lo so, qualcuno starà già storcendo il naso. Ma quel curricula plurale, buttato là in modo un pò snob, mi ha sempre stonato, un pò come un sibemolle messo al posto di un ladiesis! Non sciorinerò gli studi umanistici e i nomi di professori sconosciuti ai più che sostengono la tesi del “curriculum al plurale”, anche perchè i miei studi per quanto umanistici sono stati anche abbastanza disastrosi e poi perchè non frequento nessuno da citare a sostegno della mia tesi.

Sarò più prosaico.

Leggendo “lezioni semiserie di Italiano” di Beppe Severgnini, arrivo al capitolo: “STIAMO ATTENTI AI PLURALI”, dove, copio testualmente: “Ricordiamo che i vocaboli stranieri entrati a far parte della nostra lingua non prendono le forme di plurale (i film, i computer, i manager, i due superman […] Vale anche per il latino: Referendum e curriculum sono ormai parole italiane (quindi i referendum, i curriculum, non i referenda i curricula ) — d’altra parte si va a votare per i referendum, non per i referenda. Faccio poi un salto su wikipedia e trovo conferma, con tanto di dotta spiegazione linguistica che vi risparmio. E dunque, io da oggi RICOMINCIO a dire I Curriculum, per buona pace dei latinisti, degli snob, di chi non sa di cosa sta parlando, di chi copia per emulazione e per sentirsi all’altezza degli interlocutori, e anche semplicemente, degli ignorantoni!

Ma ricordiamoci anche che tanto si è più comunicativi quanto più ci si riesce a mettere in sintonia con chi ci ascolta: abbiamo bisogno di essere concreti, di spogliarci dalle “confezioni” e dalle convenzioni. Quando vado ai convegni su temi del lavoro, da domani vorrei trovarci persone d’azienda e non opinionisti, imprenditori e non politici. Voglio sapere cosa succede in azienda e come posso fare per essere appetibile a questo nuovo mercato che tutti chiamano crisi.

I tempi per le Accademie sono finiti. Se dobbiamo ripartire, ripartiamo da come ci confrontiamo.


Pubblicato su Wired

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