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Smartworking: si rigira la frittata. Ma con le pentole dei dipendenti.

Quando ormai anche i più strenui difensori del ritorno in ufficio a tutti i costi, sembravano arrendersi all’evidenza di un modello che culturalmente, generazionalmente, economicamente e ecologicamente è palesemente insostenibile (oltre a generare un diffuso malcontento che sta facendo abbandonare città e posti di lavoro per approdare in luoghi più accoglienti e managerialmente più evoluti), il caro-bollette arriva in loro supporto come la cavalleria del generale Custer. Ne parla oggi Open, il giornale di Enrico Mentana

Peccato che le tesi a supporto sono la classica “girata di frittata” di chi vuole piegare l’evidenza per puro interesse personale; che siano Capi in crisi affettiva o Sindaci di città che vivono unicamente del “business del business”.

E’ evidente che lavorare da casa con l’aumento delle bollette sia meno conveniente per un dipendente in smartworking, ma non è certo qui che si deve fermare la notizia.

E’ ancor più evidente che milioni di Persone che si spostano, muovono auto, treni, accendono luci negli uffici, alberghi vuoti per pieni, riscaldamento e milioni di device, oltre che ad inquinare di più (e quindi ad aggravare in ulteriori consumi), “spostano” quei consumi a carico delle aziende e delle città.

E dunque, il passaggio che manca è esattamente questo:

Lo smartworking ancora di più con il caro-bollette deve essere supportato e incentivato e non ci vuole un genio della finanza per capire che è necessario e profondamente sostenibile economicamente, un contributo da parte dei Comuni e delle Aziende per supportare le spese di chi lavora in smartworking a fronte del notevole risparmio energetico che apportano alle aziende e alle città.

Non permettiamo a nessuno di farci tornare indietro di 3 anni.

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