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Imprenditori analogici che cercano collaboratori nell’era digitale

La Saga delle Aziende che non trovano candidati doveva essere una furbata comunicativa, si è rivelato un triste esempio di improvvisazione.

Per la selezione del personale questo è stato l’anno del fenomeno che in un articolo molto dettagliato, a giugno di quest’anno ho chiamato la Saga delle Aziende che non trovano candidati.

Un modello comunicativo generato da chi non ha considerato il ruolo dei social network nell’uso quotidiano e la sua importanza nell’ottica reputazionale di chi comunica per le aziende e crede ancora nell’ autorevolezza di una notizia data dal “giornale”. Ai più attenti non sfugge ormai da tempo che gli attori di questa inconsapevole debacle comunicativa siano da una parte proprio i giornali stessi. In evidente crisi di lettori, hanno convertito quelli che una volta erano dei fruttuosi publiredazionali in notizie strillate spesso senza fondamento, i cui titoli per certi versi e in un certo ambiente (sempre più ridotto e limitato) sono sufficienti per raccattare qualche click in più a favore di inserzionisti. Dall’altro lato – ancor più grave – qualche imprenditore in affanno di visibilità di clienti e probabilmente anche in odore di crisi con i fornitori. Il sospetto è che da una parte si cerchi della banalissima pubblicità per comparire sui giornali a costo zero, dall’altra che si cerchi di giustificare ai propri stakeholders (i fornitori e i clienti, per esempio) alcune carenze dovute “non per colpa nostra”, ma per mancanza di personale, cavallette, peste, invasione delle rane, tramutazione dell’acqua in sangue e tutte le altre piaghe d’Egitto.

Non si spiega altrimenti il fatto che ci siano aziende a conduzione familiare (spesso gestite da un padre molto anziano e un figlio/a di seconda generazione, uniche presenze “manageriali”) con un numero di dipendenti al di sotto della decina che lamentano necessità di assunzioni fino a tre o quattro volte la forza lavoro esistente. Così come resta inspiegabile il motivo per cui anche le aziende più strutturate non riescano a trovare lavoratori specializzati fra migliaia di cv ricevuti.

Le spiegazioni sono sempre le stesse, ma anche i dubbi:

– “i giovani non ne vogliono sapere di lavorare per turni”. Nelle ultime versioni più generaliste: “i giovani non hanno voglia di faticare (testuale)“. Sorge in dubbio che non si stia parlando di “personale specializzato” ma di operai in catena di montaggio o di bassa manovalanza o alla meglio fornai e guardiani di notte. Perché se stai cercando “giovani”, in quanto tali non potranno mai essere così “specializzati” (se per specializzazione intendiamo anche una esperienza temporale consistente. Poi per carità, ho visto esperti con sei mesi di esperienza dare consulenze urbi et orbi).

– “offriamo 1500 euro al mese e nessuno risponde”, peccato che un tecnico specializzato per far fronte alle sfide dell’industria 4.0 – come molti di questi imprenditori dichiarano nei titoli – di certo non può costare quella cifra, il più delle volte smentita.

– “offriamo stipendi al di sopra della media e non troviamo candidati”, il punto è che quegli “stipendi al di sopra della media” spesso lo sono per i datori di lavoro che non hanno evidentemente parametri sufficienti per conoscere i regimi di mercato. A conferma ulteriore dello scarso allenamento all’assunzione.

 l’utilizzo di strumenti inadeguati per il recruiting. Il passaparola è per certi imprenditori il metodo più innovativo che conoscono. Fermi a dei siti vetrina spesso non consultabili in mobile, assenti le pagine del lavora con noi, nessun tipo di strategia di social recruiting né tantomeno – guai solo a parlarne – l’intervento di un recruiter specializzato laddove la ricerca in proprio non ha dato i risultati sperati (ma lamentarsi e dare la colpa ai giovani d’oggi è lo sport nazionale più diffuso insieme ai candidati che hanno mandato 300 cv senza ottenere risposta)

Manca sempre la seconda domanda: “Ma come li avete cercati?”

A questo va aggiunta da parte dei giornalisti che curano questi reportage, l’incapacità di fare la seconda famosa domanda: “come li avete cercati?”. Perché è qui che si sbroglia il nodo della situazione in cui scopriremo caselle di posta che esplodono di cv che nessuno controlla, inserzioni gratuite su giornaletti locali, prevenzione nei confronti di extracomunitari ma anche da emigranti provenienti dal Sud (a cui, se non offri uno stipendio che motivi il trasferimento è più che giustificato che restino a casa loro o nella migliore delle ipotesi accetteranno l’incarico per poi parcheggiarsi in attesa di una vera opportunità professionale), problemi sindacali nell’attuare correttamente i contratti collettivi di riferimento specialmente per quanto riguarda la gestione degli straordinari, problemi reputazionali dovuti alla gestione garibaldina di imprenditori e titolari.

L’anno si conclude con l’ennesima storia dell’imprenditore di successo che non riesce a trovare personale qualificato perché “i giovani non vogliono faticare”. Non è secondario che il grido di allarme arrivi dalla Lombardia – quando non è il Veneto – area geografica in cui  quest’ anno si è concentrato il piagnisteo imprenditoriale. Ancor meno credibile, considerando che sugli stessi territori altri colleghi imprenditori (veri) nelle stesse regioni e anche a pochi chilometri, registrino un tasso di assunzioni da record.

Non pago delle critiche e dei commenti negativi che ognuno di questi articoli ha generato precedentemente, 

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